Virginia Valzano

Intervento di Virginia Valzano

in occasione della giornata scientifica in onore of Michele Sce svoltasi l’11 ottobre 2018 presso il Dipartimento di Matematica “Federigo Enriques” dell’Università degli Studi di Milano

In ricordo di Michele SCE  (Tirano, SO 27/10/1929-Milano, 8/9/1993)

Sono molto onorata di partecipare a questa giornata in onore del Prof. Michele Sce, del quale conservo tutt’oggi un vivo e affettuoso ricordo.
Ringrazio gli organizzatori per l’invito e rivolgo un saluto a tutti i presenti, in particolare alla moglie del Prof. Sce, la Prof.ssa Paola Manacorda, che ho avuto il piacere di conoscere oggi di persona, che stimo moltissimo per il suo impegno scientifico, politico e sociale, appreso attraverso Internet e un po’ anche attraverso il Prof. Sce, abbastanza riservato, ma chiaramente orgoglioso della sua compagna e delle sue idee.

Ho conosciuto il Prof. Michele Sce nei primi anni settanta.
L’ho incontrato le prime volte a Roma, nell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo (IAC) del CNR, all’epoca diretto dal prof. Ilio Galligani (1/3/1972 – 20/11/1980), dove Sce è stato Commissario dal 1971 al 1972, e nell’Università di Lecce, dove Sce è venuto per la prima volta nel 1972 per una Scuola estiva di Informatica, organizzata nell’Istituto di Fisica dal Prof. Alfio Andronico.
All’epoca io ero Responsabile della Biblioteca di Matematica dell’Università di Lecce e, come tale, sono stata sempre coinvolta in tutte le iniziative locali e nazionali riguardanti le biblioteche dell’area matematica, per le quali Sce ha sempre svolto un ruolo di primo piano.
In quegli anni Sce, come membro del Comitato Nazionale per le Scienze Matematiche del CNR (1968-1976), ha influito in misura rilevante per la costituzione di una Commissione per le biblioteche matematiche, la formazione dei bibliotecari, l’avvio delle attività di collaborazione tra le biblioteche, sostenute dall’IAC, e la realizzazione del Catalogo collettivo dei periodici matematici a cura di un gruppo di tecnici dello stesso IAC e della sottoscritta, che fu di una importanza notevole per tutte le biblioteche di matematica.
Ho avuto modo di conoscere in maniera più approfondita il Prof. Sce e di apprezzare la sua grande cultura, intelligenza, lungimiranza e umanità, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni settanta, dal 1976 al 1991.
Dal 27 ottobre 1976 egli è stato infatti Professore straordinario sulla Cattedra di Geometria all’Università di Lecce, per gli anni accademici 1976-77 e 1977-78.
In quegli anni è stato anche Direttore del Centro di Calcolo della stessa Università e ha dato un contributo molto importante al suo riordino e sviluppo.
Nell’anno accademico 1978-79 è stato Professore Straordinario all’Università di Torino e l’anno successivo Professore Ordinario sulla Cattedra di Geometria dell’Università di Milano, tenendo corsi per le lauree in Informatica, Fisica e Matematica.
Ha comunque continuato a mantenere rapporti professionali e di amicizia con alcune persone, tra cui la sottoscritta e le Professoresse Maria Teresa Carrozzo e Angiola Letizia, e rapporti istituzionali con l’Università di Lecce, dove è stato consulente del Centro di Calcolo fino al 1985 ed ha partecipato all’organizzazione di numerose scuole estive di Informatica.

Il Prof. Sce ha avuto un ruolo determinante in tutte quelle attività volte allo sviluppo del calcolo automatico, portate avanti con molteplici e feconde collaborazioni, e nell’automazione delle biblioteche. Con Galligani, nel 1980, è stata avviata l’automazione della biblioteca dell’IAC, proseguita con successo negli anni successivi, anche con la collaborazione della sottoscritta, che si è caratterizzata come una delle prime esperienze di questo tipo in Italia. Nel 1988, con la collaborazione dell’IAC, all’epoca diretto dal prof. Alberto Tesei, è stata realizzata anche l’automazione, su un microelaboratore, di tutte le procedure della biblioteca dell’Istituto di Matematica dell’Università di Lecce, a cura della sottoscritta.
Sce ha avuto un ruolo fondamentale per la crescita e il finanziamento dei gruppi di ricerca CNR (Comitato Nazionale Scienza e Tecnologia Beni Culturali) delle Università di Lecce, Milano, Roma e Pisa, finalizzati all’informatizzazione, allo sviluppo e alla condivisione a livello nazionale di archivi e risorse bibliografiche e documentarie full-text dell’area matematica e di altre discipline correlate, con un oculato utilizzo di risorse tecniche e finanziarie e nel rispetto di regole e standard nazionali ed internazionali (1980-1993).
Al prof. Michele Sce, ed al suo motto “Ciò che val la pena di essere fatto deve essere fatto, a costo di non essere fatto al meglio”, sono dovute molte delle mie iniziative e di questi gruppi di ricerca che hanno poi portato (a partire dal 1990), alla realizzazione del SINM, un Sistema Informativo Nazionale per la Matematica, al passo con le nuove tecnologie informatiche e telematiche, come suggerito dallo stesso Sce, collegato con altri Sistemi informativi europei e in collaborazione con i principali Enti nazionali e internazionali, come l’Unione Matematica Italiana e la Società Matematica Europea.
Il SINM, molto apprezzato e supportato dal Comitato nazionale per le Scienze Matematiche, con l’adesione e la partecipazione attiva di oltre 50 Istituzioni e biblioteche matematiche italiane, è stato il primo sistema informativo nazionale di area disciplinare che ha realizzato e messo in rete, tra l’altro, il Catalogo nazionale dei periodici delle scienze matematiche, fisiche, informatiche e tecnologiche, integrato con altre risorse online, e le prime riviste elettroniche open access.
Il SINM ha affrontato temi e proposto soluzioni, molto attuali, riguardanti l’editoria scientifica elettronica ad accesso aperto, l’Impact Factor per la valutazione della ricerca scientifica, il diritto di autore, la sicurezza informatica e la conservazione a lungo termine delle risorse elettroniche (v. Atti dei Seminari SINM 1990-2000). Possiamo inoltre dire che il SINM è stato il primo consorzio nazionale per l’acquisto e la condivisione consortile di risorse elettroniche, con un notevole incremento, a basso costo, di servizi e risorse in favore degli utenti.
Con lo sviluppo delle nuove tecnologie, l’organizzazione dei Sistemi bibliotecari di Ateneo e la centralizzazione dei servizi bibliotecari in molte università italiane, a partire dal 2000 si sono via via affermati, accanto ai consorzi di aree disciplinari, quelli interdisciplinari e interuniversitari, ma il SINM è stato sempre considerato, a livello nazionale ed europeo, come il modello di sistema informativo nazionale per aree disciplinari e interdisciplinari.
Tutto questo grazie al prof. Michele Sce e a tutta la comunità matematica italiana, docenti, bibliotecari e informatici.

L’insegnamento di Sce, i suoi consigli sul piano scientifico, tecnologico e umano, sono stati per me molto importanti per lo sviluppo e il coordinamento di numerosi progetti e per tutte le attività da me svolte in qualità di Direttore della Biblioteca di Matematica (dal 1970 al 1993), di Responsabile del Gruppo di ricerca CNR-Comitato Nazionale Scienza e Tecnologia Beni Culturali dell’Università di Lecce (dal 1980 al 1993), di Coordinatore Nazionale del SINM (dal 1990 al 2010), del Progetto europeo LIMES FP/5 (Large Infrastructure in Mathematics – Enhanced Services) e dell’Unità Editoriale Italiana di Zentralblatt MATH (dal 1992 al 2010).
L’esperienza e le competenze maturate in ambito matematico, sono state fondamentali per lo sviluppo di nuovi progetti nazionali e internazionali e per le attività da me intraprese in altri ambiti disciplinari e interdisciplinari, quali l’insegnamento presso la Facoltà di Beni Culturali (1999-2005), il Coordinamento generale dei Servizi Informatici Bibliotecari dell’Ateneo salentino e del Sistema Informativo Telematico per la Ricerca e la Didattica (dal 1986 al 2010), nonché per l’avvio e la direzione tecnico-scientifica, dopo il mio pensionamento, del CEIT – Centro Euromediterraneo di Innovazione Tecnologica per i Beni Culturali e Ambientali e la Biomedicina.

Michele Sce, è stato un uomo straordinario di profonda cultura e di grande umanità.
L’ampiezza delle sue conoscenze, l’originalità delle sue ricerche, la sua creatività, i suoi molteplici interessi, la sua profonda onestà, coerenza e generosità intellettuale, hanno lasciato un segno indelebile nella storia della Scienza e in tutti coloro che lo hanno conosciuto, amato ed apprezzato.
Basti ricordare la passione per la letteratura e, in particolare, l’amore per la Matematica, che considerava come una scienza unitaria e che gli ha permesso di realizzare, come sottolinea anche il prof. Renzo Piccinini, il “Dizionario di Matematica” pubblicato nel 1989 dalla Rizzoli, un’imponente opera di consultazione che rivela la sua immensa cultura matematica e scientifica; l’amore per l’Informatica, il calcolo scientifico, la documentazione automatica e le Biblioteche, per le quali aveva anche curato nel 1972 la sezione Matematica della Classificazione Decimale Universale; la sua curiosità e il suo interesse non solo per i progressi della ricerca matematica in vari ambiti, e dell’informatica, ma anche per i problemi dell’Università in generale, che considerava come servizio verso la società, e della didattica quale aspetto importante di questo servizio, così come ricorda lo stesso Renzo Piccinini; il suo grande impegno per la promozione della cultura dell’innovazione e della condivisione e per lo sviluppo e l’applicazione delle nuove tecnologie nei vari settori disciplinari e nella vita di tutti i giorni; la sua spregiudicatezza intellettuale che guidava le sue scelte e non ammetteva mezze misure, come sottolinea anche il prof. Edoardo Vesentini; le sue attività pioneristiche nello sviluppo e utilizzo dei minielaboratori elettronici con prestazioni di apprendimento basate sul gioco (già a partire dai primi anni sessanta); le sue idee avveniristiche anche nel campo musicale, che lo hanno portato ad organizzare a Lecce nel 1976-1977, con il suo solito anticonformismo, insieme ai professori Angiola Letizia e Mario Curzio, un convegno su “Musica e Computer”; la sua franchezza talvolta sconcertante ma mai offensiva, la sua sottile e garbata ironia, le sue battute sempre pronte, giuste e dette con gusto che riempivano i suoi occhi di una luce birichina, proprio come ricorda Renzo Piccinini.
L’Università di Lecce, in occasione del venticinquesimo anniversario della Facoltà di Science Matematiche Fisiche e Naturali (1992) ha conferito al prof. Michele Sce una medaglia per il suo prezioso contributo scientifico e didattico.
La Matematica, da sempre, ha avuto ed ha legami profondi con la cultura, la musica, la letteratura e l’arte. Il rapporto fra matematica e musica è sempre stato molto stretto, è un legame molto antico che risale ai Pitagorici.
Per Michele Sce, come per molti altri studiosi e grandi matematici, tra cui Ennio De Giorgi, la Matematica ha un ruolo fondamentale nella cultura e nella società. Tuttavia, essa è vista spesso come una disciplina fredda e austera e provoca sentimenti di avversione. L’uomo comune teme la matematica e continua a sentirla come un corpo estraneo, eppure ne ha bisogno e la usa tutti i giorni.
Uno degli ostacoli più sentiti nella didattica della matematica è quello che deriva dalla difficoltà di attrarre l’interesse degli alunni su una disciplina che appare fine a se stessa, lontana dalle esperienze quotidiane.
Manca una consapevolezza della Matematica come strumento essenziale della nostra cultura. Da ciò deriva l’importanza di evidenziare l’applicazione dello strumento matematico nelle diverse situazioni del mondo reale e delle attività umane, e di utilizzare un linguaggio facilmente comprensibile e connesso all’aspetto ludico.
Queste considerazioni e preoccupazioni, appaiono evidenti nella presentazione del Dizionario di Matematica di Michele Sce, e sono tutt’oggi, a distanza di oltre 30 anni, molto attuali e oggetto di discussione e di studio tra esperti di varie discipline.
L’Accademia della Crusca, con il suo presidente onorario, linguista-filologo-lessicografo, Francesco Sabatini, e il CAFRE (Centro per l’Aggiornamento la Formazione e la Ricerca Educativa) dell’Università di Pisa, diretto dal matematico Franco Favilli, ritengono che l’avversione ai numeri sia dovuta anche e soprattutto al modo d’insegnare, comunicare e scrivere questa disciplina. Affermano che i libri di Matematica sono scritti male, devono essere riscritti per cercare di renderne più facile la lettura. La rigidità del linguaggio matematico contrasta con la flessibilità di quello quotidiano. La Matematica deve essere comunicata con un linguaggio accessibile. È molto importante la formazione degli insegnanti.
Questi temi sono stati affrontati da entrambi e da altri studiosi anche lo scorso anno, in occasione del Workshop da me organizzato a Otranto su “I molteplici linguaggi della Cultura. La Matematica come non l’avete mai immaginata: la matematica è bellezza, poesia, arte, fantasia, intuizione, libertà”.
Molto attuali sono anche le convinzioni degli anni sessanta di Michele Sce sull’importanza dei minicomputer con prestazioni di apprendimento basate sul gioco e, in particolare, le sue considerazioni e previsioni profetiche, verso la fine degli anni settanta e primi anni ottanta, sui rischi di dipendenza e isolamento determinati dai nuovi giochi con il computer.
Lo sviluppo e utilizzo delle moderne tecnologie, Internet, le infrastrutture di rete, i minicomputer, i tablet, i telefonini, i videogiochi, ecc. favoriscono la comunicazione, l’apprendimento e, come ha scritto qualche anno fa anche Paola Manacorda, lo sviluppo della partecipazione e il rafforzamento della democrazia.
Internet e le moderne tecnologie dell’informatica e della telefonia consentono, sotto molti aspetti, un miglioramento della vita delle persone, ma possono anche rappresentare un pericolo per chi non ne sa usufruire in maniera adeguata. È oggi assodato che l’uso eccessivo di Internet, dei social network, e dei videogiochi, molto spesso privi di contenuto educativo e sociale, porta progressivamente all’assorbimento totale del soggetto e all’isolamento.

Permettetemi ora alcuni ricordi di carattere personale.
Con Michele Sce ho avuto un rapporto di amicizia, di stima e affetto molto profondo, soprattutto dal 1976 in poi.
Per me, oltre a un grande maestro, un saggio prodigo di consigli, è stato come un padre e un fratello maggiore che amava conversare, condividere e discutere le sue idee, che ascoltava con interesse e attenzione, e a volte anche divertito, le mie osservazioni.
Intuiva le mie preoccupazioni e le mie lacune e cercava di acculturarmi (non sempre con molto successo), di allargare i miei orizzonti facendomi apparire la lettura e in generale i suoi interessi scientifici e culturali come un’occasione di confronto e di crescita personale.
Mi regalò due dei suoi romanzi che aveva letto da giovane. Mi sono sempre chiesta perché mi avesse regalato proprio quelli, in particolare uno dei due, ma non l’ho mai scoperto, anche perché non gliel’ho mai chiesto, né ho mai trovato il tempo per leggerli. Li ho comunque conservati con molta cura.
Mi scriveva spesso. In una lettera del febbraio 1981, che ho ritrovato di recente cercando nei miei vecchi archivi cartacei nel tentativo di ricostruire la storia del suo rapporto con l’Università di Lecce e di contribuire alla stesura della sua biografia, cercava di coinvolgermi nelle sue considerazioni su alcuni giochi con il computer e sollecitava le mie osservazioni, che non ricordo di aver mai dato.
Un po’ ora, con il senno di poi, me ne pento, ma sicuramente all’epoca mi mancava purtroppo la possibilità di avere a disposizione giochi computerizzati o di avere il tempo per esaminarli: lavoravo di giorno e studiavo di notte e i miei giochi, nel tempo libero che mi restava, erano solo all’aperto, in campagna o al mare, senza alcuna interazione con le nuove tecnologie.
Nella lettera parla del gioco sulla caccia ai banditi, dove la donna, come al solito, non ha alcun ruolo, se non quello subordinato di essere l’oggetto che i banditi rapiscono scatenando l’ira dell’eroe; del gioco tra uomini, dove c’è una gara anche con rapporti sociali, e del gioco contro i robot dove invece non c’è alcuna comunicazione, ma spesso solo frustrazione; dei giochi computerizzabili che portano ad un progressivo isolamento; dei giochi solitari computerizzati preordinati che portano al totale isolamento, e delle persone che girano per le strade con le cuffie, che “vedono (e non vedono) e non sentono”.
Le considerazioni di Sce sui giochi, in particolare su quelli accennati in questa lettera, sono molto interessanti, all’avanguardia e ancora oggi molto attuali, a distanza di circa 40 anni; denotano una vasta cultura e una grande apertura mentale, e anche uno spirito femminista e soprattutto profetico.
Con i suoi calcoli matematici, Sce cercò di risolvere il problema della mia data di nascita.
Nella seconda metà gli anni settanta e nella prima degli anni ottanta, nei salotti della Lecce bene e anche tra i giovani intellettuali di sinistra che io frequentavo, andava molto di moda l’oroscopo scientifico. A me bastava sapere semplicemente di essere nata il 24 ottobre e di essere scorpione, come mi aveva sempre assicurato mia madre, anche se all’anagrafe risultava il 22. Quando mi feci convincere da un mio amico ad accettare di sottopormi ai suoi “studi” e ad informarmi sul giorno e l’ora precisa della mia nascita, scoprii che mia madre ricordava tutto delle mie cinque sorelle ma niente di preciso sulla mia nascita e che io potevo essere nata dal 22 al 26. Se non le fossi somigliata molto fisicamente, avrei creduto a quello che mi diceva per dispetto la sorella due anni più grande di me, che io ero stata trovata tra i rovi. Il cosiddetto oroscopo scientifico non mi fu fatto e mi fu detto che potevo essere del segno della bilancia. Abituata sin da piccola ad affrontare e risolvere i problemi molto praticamente, trasformai la mia delusione e il mio sconcerto per l’incertezza della mia data di nascita e della mia stessa identità (scorpione o bilancia) in un fatto positivo. La mattina, quando mi svegliavo con la radio-sveglia, ascoltavo l’oroscopo dei due segni e sceglievo di essere del segno che più mi piaceva in quel momento. Ho iniziato a festeggiare il mio compleanno dal 22 al 26, anche se il mio giorno preferito è rimasto sempre il 24.
Quando scoprii che Sce era nato il 27, decisi di festeggiare il mio compleanno anche insieme al suo, prolungando così i giorni della mia nascita per gli eventuali ritardatari.
La cena di quel compleanno a casa mia fu un vero disastro, ma nessuno dei due si lamentò, anche se, disgustata, buttai nella spazzatura la mia porzione di uova all’occhio di bue che avevo tentato di cucinare e bruciato. Apprezzai però molto lo champagne, dicendo “buono questo vinello!”, che Sce aveva portato per festeggiare e versato nel mio bicchiere. Lui, evidentemente affamato (non si spiega diversamente!), mangiò in silenzio quelle due uova bruciacchiate e puzzolenti e mi disse con la sua vocina, un po’ meravigliato, “ma è champagne!”. “Ah! buono!” risposi io candidamente. Ero ignorante in materia e non avevo mai cucinato prima di allora. Questo ancora Sce non lo sapeva. Ha poi cercato in qualche modo di acculturami anche in questo campo, senza alcun successo. Ero un po’ selvaggia, abituata a mangiare tutto crudo, e tale sono rimasta per molti anni.
Dopo quel giorno, non so quali calcoli fece, mi comunicò, con soddisfazione e con uno sguardo un po’ birichino, che la mia data di nascita era precisamente il 22. Non accettai di buon grado la sua scoperta e continuai a festeggiare il mio lungo compleanno dal 22 al 27 ottobre. Lo faccio ancora oggi e il 27 ovviamente mi ricordo di lui.
Michele Sce, negli anni in cui ha insegnato all’Università di Lecce, come ricorda il prof. Vesentini, alloggiava in pieno centro, in un moderno edificio di piazza Sant’Oronzo, in una camera ammobi-liata, “disordinatamente piena alla rinfusa, di libri, di carte, di biancheria”, dove diceva di dormire poco per il chiasso proveniente dallo stesso edificio e dalla piazza.
Ricordo di averlo ospitato per qualche giorno, quando io ero fuori Lecce, nel soggiorno del mio appartamento in affitto. Era carino, un po’ lontano dal centro, con un divano letto di abete per gli ospiti, abbastanza scomodo, ma accogliente e silenzioso.
Ricambiò la mia ospitalità con una bellissima calathea (o maranta), dalle foglie molto variopinte e alta quanto me, che non avevo mai visto prima. Ne ebbi cura per molto tempo e con molta delicatezza, sia per la sua bellezza, sia per affetto e rispetto nei confronti di colui che me l’aveva regalata, sia perché doveva costare un patrimonio, rispetto al mio stipendio di allora.
Non rimasi però molto dispiaciuta quando appassì irrimediabilmente perché i miei amici, che avevano scambiato tutte quelle mie cure per amore delle piante di appartamento, finalmente smisero di regalarmene altre.
In realtà io amo molto la natura, ma non le piante costrette in un appartamento. Amo la campagna, che in passato ho anche curato e zappato per il mio sostentamento, e soprattutto il mare con il niente! ovvero tutto ciò che è naturale e non è stato ancora contaminato dall’attività dell’uomo.
Anche per questo mi rallegrai e gli sorrisi con immenso piacere quando Sce, invece molto preoccupato, mi accennò alla decisione di uno dei suoi figli di dedicarsi alla campagna. L’idea del figlio che, anziché agli studi, si dedicava ai campi, non con una semplice zappa o un rastrello (di cui all’epoca io potevo disporre), ma attrezzatissimo, con un grande trattore, motivo questo di maggiore preoccupazione per lo Sce, mi faceva sorridere ancora di più, e mi divertiva nel vederlo un po’ sconcertato, ma nello stesso tempo un po’ sollevato, per la mia reazione giocosa.
Michele Sce riteneva valore fondante della personalità il diritto all’autonomia ed alle scelte personali e quindi, come genitore, individuava l’importanza “di spingere i figli all’indipendenza”, anche se la decisione d’ imboccare una propria strada e l’allontanamento dal nucleo familiare possono essere fonte di dispiacere.
La sua attenzione verso l’altro e la percezione dei bisogni altrui riguardavano anche il mondo animale; riferendosi al suo gatto, in una sua lettera scriveva “il cibo non gli basta, vuole simpatia umana”.
L’ultima volta che ho visto Michele Sce a Lecce è stato nell’estate del 1988, quando è venuto a trovarmi in un periodo molto triste della mia vita e insieme siamo andati al mare a Porto Cesareo. Non ricordo di avergli detto il motivo del mio stato d’animo ma credo che lo avesse intuito. Era sempre molto attento con tutti e percepiva, con molta riservatezza, ogni situazione.
L’ho rivisto l’ultima volta a Milano all’inizio degli anni novanta, quando non era molto in forma e sono andata a trovarlo nel Dipartimento di Matematica. Non mi accompagnò alla stazione, come aveva fatto altre volte in passato, rimase nella “sua amata” Biblioteca.
Come ho già detto, ho tutt’oggi un vivo e affettuoso ricordo di Sce (l’ho sempre chiamato così, nonostante la profonda amicizia).
Non posso fare a meno di ricordarlo al mare di Porto Cesareo, quando resto sola a fare il bagno, e il giorno del suo compleanno che viene subito dopo il mio.
Avrei voluto, in questo 25esimo anniversario della sua scomparsa, realizzare e stampare in 3D un modello che rappresentasse il suo ritratto, come ho fatto per il grande matematico salentino Ennio De Giorgi, quando ho curato nel 2016, in occasione del suo 25esimo anniversario, il libro di Livio Clemente Piccinini dedicato “Al suo grande Maestro Ennio De Giorgi”, ma le pochissime foto disponibili di Sce non me lo hanno consentito.
Ho fatto delle ricerche in Internet e in alcuni archivi e ho trovato, oltre alla foto del suo volto che io ho conosciuto e che molti matematici ricordano, una bellissima foto di quando era giovane, che lui stesso aveva allegato alla domanda presentata il 17 novembre del 1951 alla Scuola Normale Superiore di Pisa per essere ammesso a partecipare al Corso di perfezionamento per la Classe di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali.
Con queste due foto, che voglio condividere con voi, lo ricorderò sempre come se fosse ancora presente.